Dott.ssa Ilaria Laccu

Articolo del 24-10-2025

L’ipoventilazione nel sonno è un disturbo respiratorio ancora poco conosciuto, ma potenzialmente serio. Si verifica quando, durante il sonno, il respiro diventa troppo lento o superficiale; in questo contesto, non è garantito un adeguato scambio di ossigeno e anidride carbonica.

Questo provoca un eccesso di CO₂ nel sangue (ipercapnia) e una diminuzione dell’ossigeno (ipossiemia), con ripercussioni che vanno ben oltre il semplice “dormire male”.

 

Cos’è l’ipoventilazione nel sonno

L’ipoventilazione nel sonno può manifestarsi da sola o in associazione ad altri disturbi respiratori, come l’apnea ostruttiva del sonno. A differenza di quest’ultima, non si tratta di un’interruzione completa del respiro, ma di una riduzione costante e inadeguata della ventilazione.

La conseguenza è un sonno poco ristoratore e una progressiva compromissione della salute generale.

Secondo studi pubblicati su PLOS Biology e Sleep Medicine Reviews, l’ipoventilazione cronica notturna è associata a peggioramenti cognitivi, cardiovascolari e metabolici.

Riconoscere l’ipoventilazione nel sonno non è sempre semplice, perché i sintomi possono essere lievi o attribuiti ad altre cause.

I segnali più frequenti includono:

  • sonno agitato o non ristoratore;
  • eccessiva sonnolenza diurna e difficoltà a concentrarsi;
  • cefalea mattutina, causata dall’accumulo di CO₂ durante la notte;
  • respiro superficiale o irregolare riferito dal partner;
  • stanchezza cronica e ridotta tolleranza agli sforzi;
  • nei casi più gravi, fiato corto anche da svegli e sintomi di insufficienza respiratoria.

Spesso, chi soffre di ipoventilazione notturna non si rende conto del problema: la sensazione è quella di dormire molte ore ma svegliarsi comunque spossati, confusi o con mal di testa

 

Ipoventilazione: le cause principali 

Le cause possono essere diverse e spesso si sovrappongono tra loro. Le più comuni includono:

 

Obesità e sindrome da obesità-ipoventilazione

È la forma più frequente. L’eccesso di peso aumenta la pressione sul torace e sul diaframma, riducendo la capacità dei polmoni di espandersi. Il risultato è una respirazione più faticosa e meno efficiente, soprattutto durante il sonno profondo.
Questa condizione è nota anche come sindrome di Pickwick o Obesity Hypoventilation Syndrome (OHS).

 

Malattie neuromuscolari 

Patologie come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o le distrofie muscolari possono indebolire i muscoli che controllano la respirazione. Durante il sonno, quando il controllo volontario è ridotto, la ventilazione può diventare insufficiente.

 

Disturbi neurologici

In alcuni casi è il cervello a non inviare correttamente i segnali che stimolano la respirazione. Succede, ad esempio, nella sindrome da ipoventilazione centrale congenita (nota come “maledizione di Ondine”) o dopo traumi e lesioni del tronco encefalico.

 

Uso di farmaci sedativi o oppioidi 

Alcuni medicinali riducono il “drive respiratorio”, ovvero la capacità naturale del corpo di regolare il respiro. L’effetto è amplificato durante il sonno, quando la vigilanza fisiologica cala ulteriormente.

 

Malattie polmonari o restrittive 

Condizioni come la fibrosi polmonare, la BPCO o deformità della gabbia toracica possono ridurre il volume d’aria inspirato e favorire l’ipoventilazione.

 

Ipoventilazione nel sonno: diagnosi

La diagnosi richiede una valutazione specialistica pneumologica o neurologica.
L’esame più indicato è la polisonnografia, un monitoraggio notturno che registra respiro, ossigenazione e livelli di anidride carbonica. In alcuni casi, viene associata un’emogasanalisi arteriosa in veglia per misurare con precisione la CO₂ nel sangue.

Si parla di ipoventilazione se:

  • la saturazione di ossigeno scende sotto il 90% per periodi prolungati;
  • la CO₂ resta elevata per oltre 10 minuti durante il sonno;
  • i valori di anidride carbonica risultano alti anche da svegli.

 

Le terapie disponibili per l’ipoventilazione nel sonno 

Il trattamento dipende dalla causa, ma in tutti i casi l’obiettivo è lo stesso: migliorare la ventilazione e garantire un sonno più sicuro e rigenerante.

 

Ventilazione non invasiva (NIV) 

È la terapia principale. Si utilizza un dispositivo simile a una maschera che eroga una pressione positiva durante l’inspirazione e l’espirazione.

Questa tecnologia, detta ventilazione a pressione positiva bi-livello, aiuta i polmoni a espandersi e a eliminare l’anidride carbonica accumulata.

Gli studi mostrano che la NIV riduce la sonnolenza, migliora la concentrazione e abbassa i rischi cardiovascolari associati all’ipossiemia cronica.

 

Controllo del peso e delle abitudini di vita 

Nel caso della sindrome da obesità-ipoventilazione, la perdita di peso anche modesta può migliorare sensibilmente la funzione respiratoria. È fondamentale evitare l’abuso di alcol e sedativi, che deprimono ulteriormente il respiro notturno.

 

Trattamento delle malattie sottostanti

Nei disturbi neuromuscolari o polmonari, la terapia deve essere personalizzata e coordinata tra diversi specialisti (neurologo, pneumologo, fisiatra).

 

Riabilitazione respiratoria

Esercizi specifici per il diaframma e la muscolatura toracica possono contribuire a migliorare la ventilazione e la capacità polmonare complessiva.

 

 

Ipoventilazione: gli effetti sul sonno 

Il legame tra ipoventilazione e qualità del sonno è profondo.
Quando la respirazione diventa inefficiente, il cervello riceve meno ossigeno e si attiva per stimolare un respiro più profondo e più frequente. 

Tale condizione provoca micro-risvegli continui, che frammentano il sonno e impediscono di raggiungere le fasi più profonde e rigeneranti.

Ecco gli effetti che provoca a sonno e mente:

  • riduzione del sonno profondo (fase N3): il corpo non riesce a recuperare pienamente le energie;
  • alterazione della fase REM, quella in cui si consolidano memoria e sogni;
  • aumentata stanchezza mentale e irritabilità, per la carenza di ossigeno cerebrale;
  • disturbi cognitivi e dell’umore, come difficoltà di concentrazione o sensazione di “mente annebbiata”.

Ecco invece le conseguenze sul corpo:

  • aumento della pressione arteriosa e stress cardiaco dovuti all’ipossia notturna;
  • sovraccarico del sistema nervoso autonomo, che resta in uno stato di allerta costante;
  • peggioramento del metabolismo: il sonno disturbato altera il controllo di zuccheri e lipidi, favorendo aumento di peso e rischio di diabete;
  • debolezza muscolare e ridotta tolleranza allo sforzo, dovute alla mancanza di ossigeno nei tessuti.

In pratica, l’ipoventilazione trasforma il sonno, il quale dovrebbe incarnare un momento di rigenerazione, in una fase di stress silenzioso per l’organismo.

Secondo un’analisi pubblicata su Sleep Medicine Reviews, la correzione dell’ipoventilazione tramite ventilazione non invasiva migliora non solo i valori respiratori, ma anche la qualità soggettiva del sonno, il tono dell’umore e la funzione cognitiva.

Quando, dunque, rivolgersi al medico?

È importante non sottovalutare sintomi come la sonnolenza diurna, la stanchezza cronica o la cefalea mattutina. Se presenti, è consigliato un consulto con il pneumologo o il centro del sonno, che potrà prescrivere test mirati.

Un trattamento tempestivo può prevenire complicanze gravi come insufficienza respiratoria, ipertensione polmonare o problemi cardiaci.

L’ipoventilazione nel sonno è un disturbo che colpisce la respirazione durante il riposo, riducendo l’apporto di ossigeno e compromettendo profondamente la qualità del sonno e della vita.

Con una diagnosi accurata e un trattamento adeguato (ventilazione notturna, controllo del peso, correzione delle cause sottostanti) è possibile tornare a dormire bene, respirare meglio e proteggere cuore, cervello e metabolismo.

 

FAQ – Domande frequenti sull’ipoventilazione nel sonno 

Ecco alcune domande ricorrenti sull’ipoventilazione nel sonno:

 

Quali sono i sintomi dell’ipoventilazione nel sonno? 

Tra i segnali che possono indicare un disturbo respiratorio notturno ci sono diversi sintomi che spesso passano inosservati o vengono sottovalutati. Il sonno, ad esempio, può diventare agitato o non davvero ristoratore, con frequenti risvegli o la sensazione di non aver riposato a sufficienza. Durante il giorno, questo si traduce in una sonnolenza eccessiva e in difficoltà a mantenere la concentrazione.

Un altro campanello d’allarme può essere la cefalea mattutina, spesso legata all’accumulo di anidride carbonica nel sangue durante la notte. Chi condivide il letto può notare anche un respiro superficiale o irregolare, a volte interrotto da pause più o meno lunghe.

Nel tempo, questi disturbi possono portare a una stanchezza cronica e a una ridotta tolleranza agli sforzi, rendendo più faticose anche le attività quotidiane. Nei casi più gravi, il fiato corto può comparire anche da svegli, insieme ad altri sintomi tipici dell’insufficienza respiratoria.

 

Quali sono le principali strategie per migliorare la respirazione durante il sonno? 

Il trattamento dei disturbi respiratori notturni mira a migliorare la ventilazione e garantire un sonno sicuro e rigenerante. La terapia principale è la ventilazione non invasiva (NIV), che favorisce l’espansione dei polmoni e l’eliminazione della CO₂, riducendo sonnolenza e rischi cardiovascolari.

Fondamentali sono anche modifiche dello stile di vita (perdita di peso, evitare alcol e sedativi), il trattamento delle malattie sottostanti e la riabilitazione respiratoria con esercizi specifici per diaframma e muscolatura toracica.

 

Quali effetti ha l’ipoventilazione sul sonno? 

L’ipoventilazione influisce profondamente sulla qualità del sonno: respirando in modo inefficiente, il cervello riceve meno ossigeno e provoca micro-risvegli continui, frammentando il sonno e impedendo di raggiungere le fasi più profonde e rigeneranti. 

Questo porta a riduzione del sonno profondo, alterazione della fase REM, maggiore stanchezza mentale, irritabilità e difficoltà di concentrazione.

Sul corpo, provoca aumento della pressione arteriosa, stress cardiaco, sovraccarico del sistema nervoso, alterazioni del metabolismo con rischio di aumento di peso e diabete, oltre a debolezza muscolare e ridotta tolleranza allo sforzo. In sostanza, l’ipoventilazione trasforma il sonno in una fase di stress silenzioso per l’organismo.

 

Fonti:

PubMedNocturnal hypoventilation – identifying & treating syndromes

MedScape

PubMedChronic hypoventilation syndromes and sleep-related hypoventilation

 

Articolo del 24-10-2025

Dott.ssa Ilaria Laccu

Medico Chirurgo specialista in Neurofisiopatologia del sonno. Possiede la certificazione Italiana AIMS di "Medico Esperto in Medicina del Sonno" ed Europea ESRS come "Somnologist" ad indirizzo Respiratorio e Neurologico. Dottorato in Neuroscienze applicato alla ricerca sulla Medicina del Sonno. Responsabile del Centro Neurologico di Cagliari, si occupa dell'inquadramento clinico dei disturbi del sonno e della diagnostica strumentale con polisonnografia notturna completa; personalizza poi la terapia mirata del problema riscontrato tramite una impostazione farmacologica, o comportamentale, o con ventilatore notturno. Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Cagliari. Specializzazione in Neurofisiopatologia presso l'Università degli Studi di Cagliari.