Dott.ssa Ilaria Laccu

Articolo del 23-07-2025

La sedentarietà è considerata uno dei principali fattori di rischio per la salute nel XXI secolo, con effetti noti su metabolismo, sistema cerebro e cardiovascolare e benessere psicologico. Meno evidente, ma altrettanto rilevante, è l’impatto che uno stile di vita sedentario esercita sulla qualità del sonno.

Capire come la sedentarietà influisce sul sonno consente non solo di migliorare il riposo notturno, ma anche di prevenire l’insorgenza di disturbi cronici correlati alla deprivazione di sonno.

 

Sedentarietà e riposo: il legame

La relazione tra sedentarietà e sonno è bidirezionale: l’inattività fisica prolungata peggiora la qualità e la durata del sonno, mentre un sonno scarso aumenta la tendenza a mantenere uno stile di vita sedentario, generando un circolo vizioso.

Numerosi studi epidemiologici confermano questa interdipendenza. Una ricerca pubblicata su Sleep Medicine Reviews (Kline et al., 2021) evidenzia che le persone con bassi livelli di attività fisica presentano una maggiore incidenza di insonnia di mantenimento, risvegli notturni frequenti e sonno non ristoratore, caratterizzato da una ridotta percentuale di sonno profondo (Fase 3 – NREM).

Allo stesso modo, l’eccessiva sonnolenza diurna, tipica dei soggetti sedentari, contribuisce a una ridotta propensione a svolgere attività motoria, aggravando ulteriormente il problema.

 

Perché la sedentarietà peggiora il riposo

Gli effetti della sedentarietà sul sonno e sul riposo notturno derivano da un insieme di alterazioni neuroendocrine, circadiane e infiammatorie.

Disallineamento del ritmo circadiano

Il ritmo sonno-veglia è regolato dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, che si sincronizza con segnali esterni come luce e movimento.

La sedentarietà, spesso associata a lunghi periodi trascorsi in ambienti chiusi, riduce l’esposizione alla luce naturale e l’alternanza di stimoli propriocettivi legati al movimento.

Questo porta a un appiattimento del ritmo circadiano, con difficoltà ad addormentarsi, risvegli precoci e maggiore frammentazione del sonno.

 

Infiammazione sistemica e stress ossidativo

La sedentarietà è correlata a un incremento delle citochine pro-infiammatorie come interleuchina-6 (IL-6) e fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α).

Questi mediatori infiammatori, oltre a favorire malattie croniche, interferiscono con le strutture cerebrali deputate alla regolazione del sonno, in particolare con l’attività dell’ippocampo e della corteccia prefrontale, riducendo la quantità di sonno profondo.

 

Alterazioni ormonali e metaboliche

Uno stile di vita sedentario comporta aumento dei livelli serali di cortisolo e resistenza insulinica, due fattori che compromettono la normale secrezione di melatonina e leptina.

La melatonina indispensabile per l’induzione e il mantenimento del sonno, la leptina viene prodotta durante il sonno favorendo il senso di sazietà. Questo squilibrio endocrino rende il sonno più leggero e implica un aumento dell’appetito favorendo la predisposizione a disturbi metabolici.

 

Riduzione dei neurotrasmettitori del benessere

L’attività fisica stimola la produzione di serotonina ed endorfine, molecole che migliorano l’umore e favoriscono la sintesi notturna di melatonina. L’inattività, al contrario, favorisce stati di ansia, tensione muscolare e iperattivazione psicofisiologica, ostacolando l’addormentamento.

 

Sedentarietà e riposo: le conseguenze

Le persone che conducono uno stile di vita sedentario presentano con maggiore frequenza alcuni sintomi, che indicano un riposo inadeguato.

Vediamo quali:

  • aumento della latenza di addormentamento: più tempo necessario per addormentarsi;
  • riduzione del sonno profondo (fase 3 – NREM), cruciale per il recupero fisico e cognitivo;
  • sonno frammentato, con numerosi micro-risvegli notturni;
  • insonnia cronica, soprattutto nei soggetti con eccessiva esposizione serale a dispositivi elettronici;
  • sonnolenza diurna e deficit cognitivi dovuti a un sonno non ristoratore.

Una revisione sistematica condotta da Kredlow e colleghi e pubblicata sul Journal of Behavioral Medicine (Kredlow et al., 2015) conferma che l’aumento dell’attività fisica, anche moderata, migliora significativamente la continuità e la profondità del sonno, riducendo la latenza di addormentamento e aumentando la durata complessiva delle fasi NREM.

 

Sedentarietà, sonno e salute: un circolo vizioso

L’impatto della sedentarietà sul sonno non è solo un problema di qualità della vita, ma ha ripercussioni sistemiche.

La deprivazione cronica di sonno favorisce a sua volta alterazioni metaboliche (aumento della grelina e diminuzione della leptina), che incrementano il rischio di sovrappeso e obesità, condizioni strettamente associate a uno stile di vita sedentario.

Inoltre, il sonno insufficiente peggiora la regolazione emotiva, favorendo stati depressivi e riducendo ulteriormente la motivazione a muoversi.

Questo circolo vizioso sedentarietà–sonno scarso rappresenta un rischio significativo per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e disturbi cognitivi.

 

Sedentarietà e riposo: i rimedi

Come migliorare il sonno contrastando la sedentarietà? Interrompere la sedentarietà è una strategia non farmacologica efficace per migliorare la qualità del riposo.

Ecco le misure più efficaci secondo le evidenze scientifiche:

Incrementare l’attività fisica quotidiana

Non è necessario praticare sport intensivi: 30 minuti di attività fisica moderata (camminata veloce, bicicletta, nuoto o yoga dinamico) almeno 5 giorni a settimana migliorano la struttura del sonno.

Uno studio su adulti sedentari ha dimostrato un incremento del 25% del sonno profondo dopo sole 8 settimane di allenamento regolare.

Ridurre il tempo trascorso seduti

È consigliabile interrompere lunghi periodi di sedentarietà con brevi pause attive ogni 30-60 minuti.

Anche semplici esercizi di stretching o 5 minuti di camminata favoriscono la riduzione del cortisolo serale e un addormentamento più rapido.

Regolare il ritmo circadiano

Esporsi alla luce naturale al mattino e ridurre l’uso di dispositivi elettronici nelle ore serali aiuta a ristabilire l’equilibrio circadiano, migliorando la produzione di melatonina.

Integrare tecniche di rilassamento

Attività come lo stretching serale, la respirazione diaframmatica o lo yoga nidra riducono lo stato di iperattivazione cerebrale delle persone sedentarie e migliorano la transizione verso il sonno.

Monitorare l’orario dell’attività fisica

Gli esercizi intensi dovrebbero essere evitati nelle 2-3 ore precedenti il riposo notturno, per non stimolare eccessivamente il sistema nervoso simpatico.

È evidente, dunque, come la sedentarietà, influisca in modo profondo sulla qualità del sonno attraverso meccanismi complessi che coinvolgono ritmo circadiano, infiammazione, squilibri ormonali e alterazioni neurochimiche.

A fronte della problematica legata a sedentarietà e riposo, un’attività fisica regolare, pause attive durante la giornata e strategie di igiene del sonno rappresentano un intervento semplice ed efficace per migliorare il riposo notturno e, di conseguenza, la salute complessiva dell’individuo.

Un sonno di qualità del sonno si rivela essere lo specchio di uno stile di vita attivo, sano e in equilibrio, che sostiene l’andamento naturale dell’organismo in virtù di una qualità di vita ottimale.

 

Articolo del 23-07-2025

Dott.ssa Ilaria Laccu

Medico Chirurgo specialista in Neurofisiopatologia del sonno. Possiede la certificazione Italiana AIMS di "Medico Esperto in Medicina del Sonno" ed Europea ESRS come "Somnologist" ad indirizzo Respiratorio e Neurologico. Dottorato in Neuroscienze applicato alla ricerca sulla Medicina del Sonno. Responsabile del Centro Neurologico di Cagliari, si occupa dell'inquadramento clinico dei disturbi del sonno e della diagnostica strumentale con polisonnografia notturna completa; personalizza poi la terapia mirata del problema riscontrato tramite una impostazione farmacologica, o comportamentale, o con ventilatore notturno. Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Cagliari. Specializzazione in Neurofisiopatologia presso l'Università degli Studi di Cagliari.