Michele Terzaghi

Articolo del 12-10-2021

Esiste una relazione tra insonnia e apnee notturne?

I disturbi del sonno maggiormente diffusi sono l’insonnia e le apnee ostruttive nel sonno.

L’apnea notturna è presente in percentuali di circa il 4% dei maschi e il 2% delle donne in età adulta, con percentuali che salgono vertiginosamente con l’aumentare dell’età.

Circa il 35% dei soggetti anziani ha un’apnea ostruttiva di gravità significativa.

L’insonnia è presente in circa un terzo degli adulti in modo acuto e circa il 10%-15% dei soggetti ha un’insonnia in forma cronica.

Appare evidente quindi che per motivi casuali è possibile che nella stessa persona siano presenti contemporaneamente insonnia e apnee ostruttive nel sonno (osas).

 

Compresenza di insonnia e apnee notturne: cosa dicono i dati?

Eppure i dati dicono che questa associazione è nettamente più frequente di quanto sia possibile attendersi sulla base dei numeri di prevalenza delle singole patologie.

Infatti i due disturbi si verificano comunemente insieme, con:

  1. il 30-50% dei pazienti con osas che riferiscono sintomi di insonnia clinicamente significativi e
  2. il 30-40% dei pazienti con insonnia cronica che soffre anche di osas.

 

Questa associazione è gravata da:

  • un reciproco effetto di peggioramento dei sintomi,
  • maggior difficoltà nel formulare diagnosi diagnostiche per i medici e
  • una risposta ridotta alle terapie.

 

Insonnia e apnee notturne: sintomi comuni

Insonnia e apnee notturne condividono molti sintomi:

  • disturbi diurni:
    • stanchezza,
    • affaticabilità,
    • sonnolenza,
    • calo del tono dell’umore con irritabilità e depressione,
    • cefalea,
    • riduzione delle energie e motivazione a svolgere i compiti abituali,
    • difficoltà di attenzione, concentrazione e deficit di memoria;
  • disturbi notturni:
    • percezione di sonno non ristoratore e di scarsa qualità e
    • frequenti risvegli.

 

Simili possono essere anche alcune conseguenze dei due disturbi:

  • aumento del rischio di disturbi psichiatrici,
  • ridotta qualità della vita,
  • facilità a compiere errori sul lavoro con riduzione della produttività e rischio di incidenti sul lavoro,
  • calo delle performance accademiche/scolastiche,
  • aumento dei tempi di reazione con aumento del rischio d’incidenti alla guida.

 

Criticità in caso di compresenza insonnia-apnee

Di conseguenza, anche alla luce del fatto che ad oggi pochi studi hanno valutato l’accuratezza e l’efficacia diagnostica dei differenti approcci, la diagnosi può essere complessa.

La diagnosi può essere infatti potenzialmente confusiva tanto sulla definizione dei disturbi quanto sulla quantificazione della loro gravità.
E questa incertezza si riverbera inevitabilmente sulla scelta della terapia.

 

Rispetto alle persone con solo insonnia o apnee notturne, la co-occorrenza dei due disturbi è associata a:

  • valori di sonnolenza uguali o leggermente superiori alle sole apnee notturne e sicuramente superiori rispetto alla sola insonnia,
  • maggiore compromissione della qualità e della quantità del sonno soggettiva e valutata tramite metodiche strumentali,
  • maggiori disabilità diurne,
  • minore produttività e
  • minori livelli della qualità della vita.

 

Inoltre, i soggetti con insonnia e apnee notturne sono più difficili da trattare e mostrano ridotta capacità di accettare ed eseguire la terapia per le apnee notturne (sia la CPAP sia terapie non CPAP).

L’elevata prevalenza di insonnia e osas rende probabile che i due disturbi siano correlati in modo bidirezionale, ovvero che si influenzino reciprocamente con effetto favorente uno sull’altro.

 

Le apnee ostruttive aggravano l’insonnia

Alcuni dati indicano che i sintomi dell’insonnia sono conseguenza diretta dell’apnea ostruttiva non trattata.

Infatti, il susseguirsi durante la notte di apnee può portare a continui microrisvegli o veri e propri risvegli notturni, necessari alla riattivazione respiratoria a costo però di ipertensione, tachicardia e alterazioni della ventilazione cardio-polmonare.

I risvegli post-ostruzione contribuiscono direttamente all’insonnia: studi polisonnografici in soggetti con osas hanno dimostrato che il 90% dei risvegli sono preceduti da eventi respiratori.

Tuttavia la consapevolezza soggettiva che i risvegli siano dovuti ad eventi respiratori è pressoché assente: in nessun caso infatti i soggetti studiati hanno identificato che i disturbi respiratori contribuivano ai risvegli notturni.

La prova forse più semplice e convincente che le apnee notturne abbiano un effetto diretto sulla presenza di insonnia deriva dall’osservazione che il trattamento dell’apnea notturna migliora i sintomi dell’insonnia.

Sebbene infatti la presenza di insonnia riduca l’accettazione e il rispetto della terapia con CPAP, i pazienti che eseguono il trattamento in modo efficace mostrano miglioramenti sia dell’apnea sia dell’insonnia.

Non solo i sintomi di insonnia sono più frequenti nell’apnea notturna, ma dati di follow up fino a 7,5 anni indicano che l’apnea predice la comparsa successiva di questi sintomi, anche se non in forma cronica.

Inoltre, le apnee notturne possono peggiorare l’insonnia in modo indiretto attraverso risvegli correlati alla necessità di urinare (nicturia).

 

L’insonnia aggrava le apnee

La frammentazione del sonno e la conseguente privazione del sonno possono aumentare la frequenza e la durata delle apnee.

E’ documentato anedotticamente la possibilità che persone già trattate efficacemente con CPAP possano avere un significativo peggioramento delle apnee durante periodi di insonnia acuta.

Bisogna quindi considerare, tanto da parte del medico quanto da quella del paziente, che l’insonnia, acuta o cronica, che è caratterizzata dalla privazione acuta del sonno per tutta la notte o dalla perdita di sonno parziale e da più frequenti transizioni sonno/veglia, può esercitare un effetto peggiorativo sulla gravità dell’apnea notturna.

Al contrario, il trattamento dei sintomi dell’insonnia può migliorare la respirazione notturna.

Come fenomeno generale che riguarda l’insonnia, bisogna sempre considerare che, come in tutte le forme di insonnia comorbida, l’insonnia associata alle apnee notturne può inizialmente derivare dai risvegli post-apnea e dalla frammentazione del sonno legata ai risvegli infrasonno, ma processi cognitivi, comportamentali e fisiologici possono portare a sviluppare l’indipendenza funzionale dell’insonnia, che quindi tende a persistere anche quando l’apnea sia trattata correttamente.

Tra questi, i processi mentali propri dell’insonnia che intervengono nella percezione soggettiva del sonno, riducendola in modo significativo rispetto a quanto misurabile strumentalmente, esacerbano la sensazione di passare le notti senza dormire.

D’altra parte, la sensazioni di affaticamento corporeo, il calo del tono dell’umore con conseguente riduzione dell’attività fisica e comportamenti sedentari, la tendenza ad evitare impegni diurni dopo una notte insonne contribuiscono a ridurre il dispendio energetico durante la giornata causando l’aumento di peso.

E’ ben noto che il fattore peso sia di notevole importanza nel determinare la presenza e la gravità delle apnee notturne.

 

Ritmi circadiani in presenza di insonnia e apnee notturne

Un meccanismo fondamentale nella regolazione del sonno è rappresentato dalla regolazione circadiana del sonno.

Questo sistema è da sempre parte integrante dell’evoluzione sia nelle piante sia negli animali: quasi tutte le cellule e gli organi del corpo umano sono regolati da orologi biologici con oscillazione circadiana.

Il risultato di questi orologi, orchestrati dal cervello tramite la secrezione di melatonina nel torrente circolatorio, è la modulazione della sonnolenza e dei periodi di sonno e veglia in relazione all’esposizione alla luce, all’alternarsi di attività e riposo, ai tempi di assunzione del cibo.

Un meccanismo circadiano stabile e intatto permette di regolare il sonno, la pressione arteriosa, la funzione ormonale e svariati altri fattori che garantiscono una buona salute.

Al contrario, l’alterazione dei processi cronobiologici favorisce, e in certi casi determina direttamente, l’alterazione del sonno notturno, con difficoltà all’addormentamento o risveglio precoce, potenzialmente contribuendo all’inizio o al mantenimento dell’insonnia.

Questo ovviamente è vero anche nel caso di insonnia in concomitanza con l’apnea notturna, dove il fattore di alterazione circadiana può causare un ulteriore peggioramento dell’insonnia.

Ad alimentare ulteriormente il circolo vizioso tra i due disturbi, alcuni dati indicano che è presente un disallineamento del ciclo circadiano endogeno nei soggetti con apnea del sonno.

Ad esempio, gli eventi cardiovascolari e la mortalità legata alle apnee notturne si verificano più frequentemente nel cuore della notte, prima dell’orario in cui questi eventi prevalgono nella popolazione generale, mentre la pressione sanguigna raggiunge il picco molto più tardi nell’apnea notturna.

 

Conclusioni

Comprendere la relazione bidirezionale esistente tra insonnia e apnee notturne permette di non trascurare la gravità dei singoli disturbi, sottovalutandone la ricaduta in termini di livelli di salute globale, e contemporaneamente aprire la strada per un approccio terapeutico personalizzato costruito su misura in ogni singolo paziente.

Così, in alcuni soggetti con apnea, l’utilizzo di farmaci che aumentino la soglia di risvegliabilità (in termini tecnici indicata con il termine di arousal) può migliorare l’insonnia così come la stessa apnea.

La capacità di riconoscere e trattare adeguatamente l’insonnia determina una maggior accettazione e tollerabilità della terapia con CPAP, il che permette di tenere sotto controllo il rischio di eventi cardiovascolari potenzialmente letali.

E’ quindi fondamentale che il medico e il paziente stesso non trascurino i sintomi di insonnia in caso di apnee notturne, così come si dovrebbe sempre escludere durante la ricerca delle cause dell’insonnia la presenza di apnee.

 

 

 

Articolo redatto dal dott. Terzaghi, Dirigente Medico presso il centro di Medicina del Sonno della Fondazione Mondino.

Articolo del 12-10-2021

Michele Terzaghi

Il Dr. Michele Terzaghi si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi dell’Insubria con lode nel 1999, si è specializzato in Neurofisiopatologia Clinica presso l’Università degli Studi di Pavia nel 2003. Nel 2001 ottiene il Titolo di “Esperto in Medicina del Sonno” rilasciato dall’Associazione Italiana di Medicina del Sonno – AIMS ed è membro Commissione AIMS per l’Esame di esperto in medicina del sonno. Dal Novembre 2003 è Dirigente Medico presso il centro di Medicina del Sonno della Fondazione Mondino – Istituto Neurologico Nazionale a Carattere Scientifico IRCCS, di cui è attualmente responsabile. Dal Settembre 2018 è Ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento – Università di Pavia. Ha sviluppato l’attività di assistenza clinica e di ricerca nell’ambito della Medicina del sonno e dell’Epilessia; è autore di oltre 100 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali e 8 capitoli di libro su disturbi del sonno. Il Dott. Terzaghi è iscritto all’ordine medici chirurgi e odontoiatri di Pavia.